L’ospite di oggi è Mattia Del Moro, una delle nuove scommesse indie-pop della storica etichetta discografica Carosello Records.
Mattia, architetto prestato al mondo della musica. A quanto pare è stato un bel prestito perché nel 2018 il tuo primo album di inediti in lingua italiana, intitolato “Il Primo Viaggio”, ha raccolto feedback positivi dal pubblico e anche dalla critica. Restando in tema, come è iniziato il tuo viaggio nel mondo della musica?
È iniziato parecchio tempo fa. I primi esperimenti concreti sono iniziati quando avevo circa 20 anni con un primo disco in inglese che s’intitolava “Browning Believes” con cui ho calcati alcuni palchi in tutta Italia. Dopo la laurea in architettura mi sono trasferito all’estero, cinque tra Copenaghen e Londra. Ho fatto sempre entrambe le cose: architettura e musica, sono sempre nello stesso contenitore anche se ora mi occupo quasi solo di musica. Sono due cose che si nutrono a vicenda.
Il tuo primo album in lingua italiana è stato definito dalla critica specializzata uno tra i migliori esordi del 2018. Che effetto ti ha fatto leggere esclusivamente commenti positivi sulla tua musica?
È stata un po’ una sorpresa perché si tratta di un progetto piuttosto ambizioso: un concept album in un momento in cui si fa fatica ad ascoltare per intero un album normale. Quindi ogni commento interessato e che andava a cogliere i vari aspetti, magari nascosti, del mio lavoro mi sorprendeva e mi riempiva di soddisfazione. Si crea una connessione con chi ascolta perché non si tratta solo di intrattenimento ma si cerca di dire delle cose e se queste se queste cose arrivano a destinazione è una soddisfazione.
Come è avvenuto il passaggio dallo scrivere testi esclusivamente in lingua inglese, come nel tuo primo album di qualche anno fa, allo scrivere testi in italiano come nel tuo ultimo album?
Non è stato molto semplice però molto istintivo, come primo tentativo, mi sono reso conto che la strada da fare era lunga e tortuosa. Si è trattato tuttavia di un amore immediato dato dal fatto che utilizzare la propria lingua offre una tavolozza di possibilità molto più ampia di colori e sfumature.
Questo successo ti ha dato la possibilità di essere notato da una delle etichette discografiche italiane più importanti, fai parte infatti del team Carosello, con cui hai già pubblicato due singoli. Quando hai avuto la conferma ufficiale di far parte del roster di Carosello, qual è stato il tuo primo pensiero e a chi lo hai comunicato per primo?
Il primo pensiero è stato “Allora è vero!” Ho pensato che tanti anni di lavoro e di ricerca avevano dato i loro frutti, ma non l’ho visto come un traguardo, piuttosto come un punto di partenza. Sapere che si sta partendo insieme verso un lavoro futuro. Le persone che lavorano dentro a Carosello Records hanno questo tipo di approccio: il fatto di scommettere su un nuovo talento e poi lavorarci tutti insieme. Loro hanno ascoltato le canzoni e gli sono piaciute, senza cercare i risultati immediatamente come si tende a fare oggi. Riescono ad individuare il potenziale che c’è in una canzone e in un artista partendo da quello che produce, prima che dai risultati numerici.
Il primo singolo estratto dal tuo album è “Filippiche”, uscito lo scorso dicembre. Il brano è stato programmato in tutte le radio locali e nazionali. Che sensazione ti ha dato ascoltare per la prima volta la tua musica attraverso la famosa scatola magica?
È la cosa che più mi ha impressionato tra tutte quelle che mi sono accadute, musicalmente, in questi anni. Perché la radio è il mezzo di comunicazione più domestico, più vicino all’ascoltatore. Sapere che le persone mi conoscono, mi scrivono messaggi perché mi hanno sentito al supermercato o in macchina è qualcosa di veramente emozionantissimo. Mi sembra una cosa molto collettiva a differenza di uno streaming internet o Spotify che sono molto individuali.
A inizio marzo è uscito il tuo nuovo singolo “Idiosincrasia” e come per “Filippiche” anche qui hai collaborato per la sua realizzazione con uno dei produttori più cool del momento, Matteo Cantaluppi. Che cosa hai imparato più di tutto attraverso il confronto con Matteo?
Bella domanda! Matteo è un professionista davvero grandissimo però è anche una persona molto umile e che sa ascoltare. Si tratta di una cosa che mi ha colpito molto. Ho imparato la precisione, a saper scegliere tra le mille idee che mi vengono in mente e che si trasformano in dei demo. Con lui ho imparato a raffinare tutte queste idee.
“Idiosincrasia” è un pezzo con sonorità che appaiono allegre e che portano a ballare, eppure, il testo racconta tutt’ altro. C’è tanta nostalgia dentro. Come fai a incastrare queste emozioni così tanto diverse in un unico pezzo?
La nostalgia è una mia caratteristica da quando ero molto piccolo e non saprei spiegarti il perché, forse si tratta solo di attitudine. Una nostalgia alla brasiliana che non si riferisce a qualcosa del passato o di rimuginato. Si tratta proprio della “saudade”: la nostalgia per qualcosa che non c’è o che non è mai esistito. Di certo non mi piango addosso, infatti cerco di mitigare tutto con altre cose più ritmate, proprio come accade nella musica brasiliana che amo molto.
“Idiosincrasia” e “Filippiche” faranno parte di un EP, in uscita a breve. Puoi anticiparci quali caratteristiche avrà questo lavoro?
Nell’EP cerco di variare ancora di più la tavolozza delle atmosfere e delle emozioni, magari facendo anche il contrario: utilizzando una base più nostalgica ed un testo più teso alla positività al futuro anziché alla nostalgia. È tutta una questione di equilibri, così come con i titoli che scelgo e che spesso vanno ad equilibrare una canzone che magari suggerisce tutt’altro a livello musicale.
Ma i titoli, la musica, i testi chi te li suggerisce? Puoi raccontarci qualcosa in merito?
Nascono un po’ da intuizioni e dal fatto che mi trovo spesso a riflettere sulle singole parole. Sono un grande fan dell’etimo delle parole, una passione che mi è stata trasmessa da una brava insegnante di latino al liceo. Da lì, soffermandomi sulla storia delle parole, da dove vengono, mi rendo conto che la parola singola ha un potere davvero forte anche se poi un po’ lo perde una volta che è stata messa in un contesto. “Filippiche” ad esempio, è una parola che conosciamo tutti, anche se magari è un po’ “old-fashioned”, richiama il mondo latino che comunque viene anche ripreso da un movimento musicale nell’intero disco. Sono intrecci complessi che magari non arrivano tutti all’ascoltatore. A me interessa che arrivi l’atmosfera generale che cerco di creare in ogni brano. “Idiosincrasia” è una parola potente che definisce un senso di repulsione molto forte. Volevo sottolineare che nei rapporti d’amore in cui mi sono trovato, anche amori molto forti, mi sono trovato poi a provare una forte repulsione verso la persona. Quindi questa dualità forte tra attrazione e repulsione.
Per capirti però ci vuole un vocabolario…
Il bello è che le persone, e per me è stata un’altra sfida, si appassionano alle parole, le cercano, chiedono i significati, ti citano perché hai tirato fuori una parola insolita. Non si tratta quindi del solito tormentone. L’idea è quella di avvicinare le persone alle parole che magari sono un po’ cadute in disuso ma che sono ancora potenti.
La tua città di origine è Tolmezzo. Com’è stato accolto “al paese” questo tuo successo internazionale?
In parte si è verificato il detto “Nemo est profeta in patria”, almeno finché il successo non è conclamato ovunque, in paese tendono a non considerare molto i tuoi risultati. Poi, in realtà, dopo il passaggio radio del pezzo, ho notato diversi attestati di stima da parte di tutti.
Passiamo alla domanda di rito di Riflettore: quale canzone del panorama della musica leggera italiana ti sarebbe piaciuto scrivere e portare al successo?
“Com’è profondo il mare” di Lucio Dalla perché è una canzone complessa, senza ritornello, insolita. Racconta una storia meravigliosa. Inoltre, Dalla è il mio artista preferito.
Mattia, siamo alle battute finali dell’intervista, per i nostri ascoltatori che volessero continuare a seguirti che cosa devono digitare sul web?
Penso “delmoro” con vicino i nomi delle canzoni. Poi c’è il mio sito delmoro.org con dentro tutti i dettagli delle canzoni.
Per farti conoscere al grande pubblico hai deciso di presentarti esclusivamente con il tuo cognome, Del Moro perché questa scelta?
Perché sentivo che era il momento giusto per mettere la mia persona in questo lavoro. Questo sono io in tutto e per tutto. L’ho unito (il cognome è Del Moro n.d.r.) per farlo diventare una cosa sola, un tutt’uno tra me e la musica.
A maggio il primo EP, live nelle prossime settimane?
Pubblicheremo la lista dei live quanto prima, è ancora tutto in via di definizione.
Adattamento testi : Luca Bellomo
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